The Boys è una serie creata da Eric Kripke e basata sull’omonimo fumetto creato da Garth Ennis e Darick Robertson. Al momento su Prime Video sono disponibili le prime tre stagioni, mentre la quarta è già stata confermata.
Nel cast di The Boys trovano spazio Jack Quaid (Hughie), Karl Urban (Billy Butcher), Laz Alonso (Mother’s Milk), Tomer Capon (Frenchie), e Karen Fukuhara (The Female), inoltre come guest star è presente Simon Pegg nei panni del padre di Hughie.

La trama segue una squadra dei The Boys, potentissimi super uomini che abusano dei loro poteri. Di seguito il commento del nostro Giuseppe Salatiello relativo alla terza e, per il momento, ultima stagione.
This is the end. E’ con questa citazione dei “The Doors” che apriamo questa nostra, ahimè, recensione non richiesta dopo il finale (lacrime, lacrime, lacrime!) di “The Boys”. La serie Amazon sui buoni e amichevoli supereroi di quartiere. Nevvero?…suvvia, chi non li adora?…e non ci vuole certo la zingara per sapere che “The Boys”, oggi come oggi, rappresenta una delle cose migliori e più divertenti che potete vedere nel piccolo schermo domestico. Anche la terza, attesissima stagione, non è da meno. Per quanto, tirando le somme, transitoria. Di preparazione. Con un finale, come dire…così e cosà. Questo non ha impedito di godere di alcuni momenti alti(ssimi), ed episodi riusciti come quello dell’orgia e relativo finale. Ma si avverte, anche se ribadisco, non in modo ancora “pesante”, quel senso di brodo allungato, e la necessità di architettare una conclusione di grande impatto ed effetto.
La battaglia di “The Boys” è continuata dopo gli avvenimenti della seconda stagione, tra i super e i ragazzi, a colpi di…qualunque cosa. Ma proprio qualunque. Lecita e illecita. E come da tradizione, sappiamo già cosa funziona e funzionerà. Esempio: Patriota. Non c’è nulla da fare, ruba la scena tipo sempre, è di fatto la principale attrazione folle e catalizzatore di eventi e toni della serie (si veda il finale, che apre le porte a riflessioni interessanti sul fanatismo imperante). Anthony Starr e il suo personaggio, sono da dieci in pagella. Anche Butcher, per quanto limitato in questa stagione, è l’altra faccia della medaglia. Impensabile “The Boys” senza di lui, la sua presenza scenica e il suo carisma. Applausi anche a Karl Urban, quindi.
Capitolo sottotrame e comprimari. E passiamo di fatto a quello che ha funzionato meno. Tra le novità, la più rilevante è la presenza dei vecchi super, per così dire (e io, da amante di “Watchmen”, quando si parla di scontro generazionale tra supereroi, mi lascio prendere dall’entusiasmo facile), e Soldatino è stato di certo un personaggio che da subito ha attirato l’attenzione del pubblico, trovando il suo picco nel finale dell’episodio sopra citato. Poi qualche calo. Poi la sensazione di…irrisolto, fino alla trovata un po’ gratuita, della rivelazione a Patriota.
Altre cose che funzionano meno. I personaggi di supporto, poco spazio e poca rilevanza…per ora. Si vedano Abisso ed A-Train. Discorso a parte merita Maeve, per questioni contrattuali dell’attrice e per il destino a lei riservato. Anche la squadra dei “The Boys”, non si mette in evidenza in positivo e le due storie romantiche della serie, sembrano annacquate e poco funzionali. Però Kimiko che ammazza sulle note di Maniac, è già storia della serialità.
Dicevo del finale. Tante chiusure, tante informazioni, grande sensazione di pezzi sulla scacchiera. E questo, in definitiva, è un pregio. Ora però c’è urgenza di chiudere i conti, non alla grande…ma alla grandissima.
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