“Star Trek: Picard 3 – The Final Series” – Le impressioni a freddo.

“Star Trek: Picard 3 – The Final Series” – Le impressioni a freddo.

Articolo a cura di Tiziano Rea.

Dopo le impressioni a caldo, inerenti il finale di serie di Star Trek: Picard, passiamo a quelle a freddo (o tiepide). In questi giorni ho avuto modo, come tutti, di leggere molti commenti sui Social e devo dire che vanno dall’estasi alla delusione totale. Devo quindi in qualche modo fare ammenda su quanto scritto nel mio precedente articolo, laddove parlavo dello aver messo d’accordo tutti i fan. Ora, a bocce ferme e passata un po’ la sbornia, mi rendo conto che alla fine, stringi stringi, tolto il fumo, di arrosto resta, effettivamente, ben poco.

Se il nostro termine di paragone sono le altre serie prodotte da Kurtzman nell’universo di Star Trek, senza dubbio la terza stagione di Star Trek: Picard è, se non la migliore cosa, sicuramente tra le migliori cose fatte. Se il nostro termine di paragone sono la miriade di serie prodotte dai colossi dello streaming con cadenza quasi giornaliera (alzi la mano chi non ha notato che è più il tempo che si passa a cercare una perla che non quello che si impiega poi a vederla) allora, anche in questo caso, non c’è dubbio: Picard 3 è stata assolutamente piacevole. Se il nostro termine di paragone è quanto fatto in passato (fermo restando che anche in passato di schifezze totali se ne sono viste tante) beh, il passato vince su Picard 6 a 0.

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Alla fine credo/temo che il problema sia sempre lo stesso, o almeno sempre lo stesso da che Kurtzman ha preso il timone: le storie. Star Trek: Picard 3 (e un po’ tutto il resto del Kurtzmanverse) è come una sfogliatella mangiata all’autogrill o come un doppio hamburger del Mc Donald’s… non ti disgusta, ti sembra quasi buono, soprattutto se hai fame, ma la realtà è che è ben lungi dall’essere un prodotto davvero buono.

Ma non è tutto da buttare, ci mancherebbe.

Il primo che sono curioso di vedere di nuovo all’opera è Terry Matalas. Fin troppo evidente è la sua volontà di discostarsi dal tentativo di creare una sorta di Canone Aggiornato di cui Discovery avrebbe dovuto essere la colonna portante, ma quel che manca a Matalas (e torniamo a monte del problema) sono LE storie, badate bene LE storie, non LA storia.

Sotto questo punto di vista ben venga il film sulla Sezione 31 e non una ennesima miniserie (mi piacciono le mini serie, per carità, specie se sono thriller, giallo etc, ma se parliamo di Star Trek, datemi un film o UNA serie con una stagione di ALMENO 20 episodi e non 3000 serie da 10 episodi ciascuna).

Quindi per un Matalas promosso con riserva, c’è un Patrick Stewart che francamente boccio senza nessuna pietà. Ha fatto il suo corso, punto. Gli si vuol bene, è stato bello rivederlo nei panni di Picard, ma forse avrebbe appunto dovuto limitarsi ad interpretare il ruolo e a non proporre o imporre scelte artistiche. Francamente potrebbero fare domani una serie con la presenza fissa di LeVar Burton o Jonathan Frakes e non sentire minimamente la mancanza di un Picard in continua fuga da se stesso. E tutto quello che è mancato nelle prime due stagioni e che invece abbiamo apprezzato nella terza non fa altro che confermare quanto scritto fino ad ora, ma soprattutto ogni singolo aspetto positivo della terza stagione non fa altro che contraddire tutto ciò che Stewart ha voluto provare ad imprimere nella sua visione alternativa di un Picard che sembra quasi ossessionato dal “vorrei ma non posso”. Quindi date a Matalas la squadra di Seth Mc Farlane (che poi in larga parte era quella di TNG etc) e fate bingo andando fino in fondo una volta per tutte!

Però diciamocelo, visivamente abbiamo avuto sicuramente modo di rifarci di Sirene, artefatti e quant’altro, addirittura siamo tornati a bordo della rediviva Enterprise D (confesso che il nerd che è in me vorrebbe tanto una serie ambientata al museo della flotta), abbiamo avuto una carrellata di cameo, easter egg, citazioni etc che vi dico, ho l’abitudine di rileggere i miei articoli anche dopo che sono pubblicati perché magari noti errori o dimenticanze e rileggendo il mio pezzo sul finale di Star Trek: Picard quasi ad ogni rigo mi accorgevo di aver dimenticato qualcosa.

Pensate al cameo di Walter Koenig (cameo che noi in Italia ovviamente non lo abbiamo potuto apprezzare se non in lingua originale), sono riusciti a fare in un sol colpo un triplo easter egg, citando Chekov, riportando Koenig e pure omaggiando il povero Anton Yelchin. Poi c’è chi il fan service non lo digerisce, ma boh, sti cazzi, detto francamente, se le storie sono (fossero) buone ben venga il ritorno in pianta stabile della Enterprise D (un set costruito rispettando ogni minimo dettaglio dell’originale per poi smontarlo dopo averlo usato in appena due episodi).

Il figlio di Picard.

Che tonfata maledetta, scusatemi. Io mi aspettavo che il Dominio avesse trafugato il corpo di Picard (che, a proposito, poi chissà se/dove sia stato ricollocato) per portarlo dai Borg un po’ come merce di scambio e che alla fine avremmo visto un improbabile scontro tra il Picard positronico e un redivivo Locutus. Invece abbiamo il figlio di Picard…ma vi ricordate tutto il dramma interiore di Picard in Star Trek: Generazioni quando viene a sapere della morte del nipote? Vi ricordate il motivo di tanto dolore? Cito a memoria quindi potrei sbagliarmi ma il punto è che il nipote non solo era come un figlio ma aveva tolto dalla coscienza di Picard il peso di avere un erede.

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Ora si scopre, non si sa bene quando, non si sa bene come (un po’ come l’ispettore Giraldi in delitto in formula uno quando scopre che la moglie è di nuovo incinta), che lui e la dottoressa Crusher avevano, infine, avuto modo di approfondire il proprio legame. Alla fine, se dovesse esserci una qualche continuazione della sua storia (altrimenti che cavolo lo abbiamo resuscitato a fare Q?) potrebbe anche diventare un personaggio simpatico, al momento restiamo in attesa di futuri sviluppi. A proposito, se nel mio precedente articolo mi chiedevo che fine avesse poi fatto Narek, in questo concludo dicendo: e Laris?

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