Buona la terza. Siamo solo a metà del cammino, ma già sembrano esserci tutti gli elementi per sbilanciarsi: anche Star Trek: Discovery, come altre serie dell’universo creato da Gene Roddenberry, si sta scrollando di dosso la crisi delle prime due stagioni caratterizzate da molte perplessità e da passi falsi, per iniziare a spiccare finalmente il volo con la terza.
Diciamo pure che è un po’ la prerogativa di quasi tutte le serie ST, quella di carburare lentamente fino a trovare il suo definitivo “perché” nello spazio nel panorama trekkiano, con conseguente approvazione da parte dei fan.
Star Trek: Discovery e The Next Generation, il parallelismo
Era, infatti, accaduto anche con Star Trek: The Next Generation ed in effetti il parallelismo regge eccome. Anche per Picard e soci ci son volute due stagioni prima che TNG assumesse un’identità stabile e definita al punto da sconfiggere lo scetticismo iniziale.
Tra l’altro c’è anche un’altra particolarità che lega a doppio filo Discovery con la serie dell’Enterprise D. Il settimo episodio ha come titolo (in lingua originale) Unification III che rimanda a Unification I e Unification II. Sì, proprio le puntate di The Next Generation incentrate su Spock e i romulani (in Italia conosciute come Il Segreto di Spock parte I e II).
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La prima (incerta) stagione
Discovery, dunque, ha ricalcato un po’ gli stessi (incerti) passi iniziali dei suoi predecessori. Nel suo caso dovuti in parte alla strutturazione del gruppo di lavoro in corso d’opera. Si pensi al caotico processo di pre-produzione che ha visto il co-creatore Bryan Fuller uscire dalla serie prima dell’inizio della produzione per forti contrasti con la CBS All Access.
Il risultato è stato quello di una prima stagione estremamente irregolare. Se da un lato poteva contare su di un cast forte e comunque convincente, dall’altro la serie faceva i conti con personaggi che non si sono fatti amare da subito. In più, con un’ambientazione di guerra piuttosto cupa e con una rivisitazione profonda (forse anche troppo) dei Klingon. Oltre, poi, al fatto di essere la prima serie di ST ad avvicinarsi agli standard seriali moderni, con maggior azione (e violenza) e con il ricorso ad una trama orizzontale sviluppata nel corso delle puntate (di numero comunque ridotto rispetto alle stagioni dei suoi predecessori).
Insomma, una serie che per i neofiti di Star Trek era anche avvincente, ma che veniva criticata da molti fan di vecchia data proprio questo suo essere poco riconducibile ai canoni del passato.
Come detto, iI vivere un esordio tribolato, però, non era una novità per il franchise creato da Roddenberry: The Next Generation aveva sofferto di una prima stagione in cui la principale difficoltà era superare la naturale diffidenza di coloro che erano abituati a identificare Star Trek solo a Kirk e Spock: anche in quel caso si fece affidamento a complicate trame fantascientifiche a scapito di un iniziale sviluppo dei personaggi.
Con la seconda stagione qualche passo avanti
Qualcosa di meglio si iniziava a vedere l’anno seguente, sia per quanto riguarda Discovery che TNG. Ma sempre zoppicando un po’ nella ricerca della strada giusta, faticando ad affrancarsi dai paragoni con chi c’era stato prima.
La seconda stagione di Discovery, pur mantenendo Michael Burnam come protagonista principale, concentrava l’attenzione soprattutto sul più canonico capitano Christopher Pike e sul tenente Spock (che convinceranno talmente tanto al punto da spingere la produzione a realizzare una nuova serie con loro protagonisti).
La seconda stagione di TNG, invece, ebbe un rallentamento nel consolidamento della propria identità a causa del perdurare di continui cambi nei posti di comando del gruppo degli scrittori e dei produttori, oltre ad uno sciopero degli scrittori che limitò la produzione costringendo ad attingere a vecchie idee per realizzare le nuove storie.
La terza stagione: dalla produzione salda…
TNG, inoltre, soffriva anche di un problema particolare. Infatti, tutto ciò che gli scrittori ideavano doveva passare necessariamente sotto il rigido controllo delle revisioni del creatore del franchise, Roddenberry. Il quale (come racconta Larry Nemecek nella sua Guida a TNG) inizialmente pose diversi veti al richiamo di personaggi e popoli già utilizzati nella serie originale degli anni ‘60.
Proprio con la terza stagione si accentuarono i problemi di salute del “Grande Uccello della Galassia”. Al punto da non poter più seguire attivamente la produzione. Ciò paradossalmente permise di incanalare TNG in un percorso che gradualmente lo ha smarcato definitivamente dalla serie originale (pur richiamando ugualmente alcuni antagonisti del passato). Uno smarcamento che di fatto lo ha trasformato in un canone di riferimento per le altre serie degli anni ’90.
Anche in Star Trek: Discovery sembra essere determinante, in questa terza stagione, l’assestamento nello staff di produzione. Questo anche grazie a Michelle Paradise unitasi ad Alex Kurtzman come co-showrunner, dopo essere già entrata con una certa influenza nello staff di sceneggiatori della serie. Inoltre, un altro elemento che sembra stia aiutando è la possibilità di spaziare in una realtà futura tutta nuova e da scoprire, affrancata da situazioni e personaggi con i quali la serie doveva necessariamente rapportarsi, essendo un prequel delle altre serie.
…allo sviluppo dei personaggi
Infine, non si può non dare un’occhiata ad un altro elemento caratterizzante la terza stagione di entrambe le serie. Stiamo parlando dello sviluppo dei personaggi come trame secondarie nei singoli episodi. È da qui che i diversi protagonisti iniziano a divenire quelle icone che i fan hanno imparato a conoscere e ad amare. In maniera similare, anche la terza stagione di Discovery sembra concentrarsi maggiormente sui personaggi, a partire dal trauma condiviso da tutto l’equipaggio della nave che si è ritrovata sballottata in un lontano futuro senza più, ritrovandosi poi a fare i conti con una Michael Burnham apparentemente trasformata durante il suo anno nel futuro trascorso in attesa di ricongiungersi con la Discovery e i suoi compagni di viaggio.
Il futuro di Star Trek: Discovery e TNG
Certo, ora ovviamente non è tutto rose e fiori. Star Trek: Discovery 3 comunque non si presenta priva di imperfezioni. Si pensi al ritmo di alcuni episodi o alla sensazione di rallentare troppo lo sviluppo della trama orizzontale. Fino ad alcuni aspetti di questo nuovo futuro che ricordano molto più Star Wars. Ma se continuerà di questo passo, senza perdersi per strada nel corso delle rimanenti puntate, allora c’è da ben sperare che possa proseguire con successo. Anche coinvolgendo anche quei fan di vecchia data che inizialmente non ritrovavano in questa serie quei canoni che dagli anni ‘60 contraddistinguono questo franchise.
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